Uno sguardo verso il futuro: Carlotta Laghi e la sua passione per l'arte visiva
Uno dei volti nuovi del Sigonio di quest’anno, tra le insegnanti più giovani del nostro Istituto, in questa intervista si racconta parlando di scuola, esperienze personali e cinema.
Qual è stato il suo percorso di studi?
«Ho frequentato il Liceo Scientifico ed ero molto in fissa con la matematica e la fisica, ma mi piaceva moltissimo anche la Letteratura e il Latino, quindi in quinta superiore sono stata piuttosto in crisi perché non sapevo dove rivolgere la mia attenzione. Alla fine ho scelto Lettere Classiche e ho fatto Greco e Latino, però non me ne sono pentita, anzi sono abbastanza contenta della scelta».
Come è stato entrare al Sigonio e cosa ne pensa della scuola, in confronto ad altre in cui ha lavorato?
«A me la scuola piace molto, mi trovo bene, mi piacciono le classi e gli studenti così come i colleghi/e, per il poco che li ho conosciuti. Non è una scuola asfissiante, anzi, c’è un buon margine di iniziativa, che è fondamentale per questo mestiere. La posizione non è granchè, peró rispetto ad altre scuole in cui ho lavorato il clima è molto più sereno».
Lei è una delle prof. più giovani, e quindi tra le più vicine alla generazione dei suoi alunni: quali consigli darebbe ad aspiranti insegnanti?
«Insegnare implica anche grande libertà, quindi strutturare le lezioni, secondo me, è la cosa più bella del lavoro e perciò amo aggiungere ai contenuti didattici anche argomenti di interesse generale, così da arricchire quello che, altrimenti, sarebbe un banale libro di testo. Soprattutto, consiglierei un atteggiamento di flessibilità, di valutare il contesto entro cui è possibile fare o non fare qualcosa, in particolare nella relazione con gli studenti e le studentesse. Infine, non serve avere delle regole fisse, ma bisogna riuscire a modificarle sulla base del contesto».
Pensa che sia diffuso un metodo di insegnamento ormai antiquato che andrebbe superato?
«Assolutamente sì, secondo un metodo di insegnamento anacronistico è diffuso soprattutto nei licei. In molti casi, si lavora poco nella relazione con gli studenti, che è un aspetto che andrebbe approfondito maggiormente, per creare una sintonia diversa che non si basi soltanto sul voto, ma sul promuovere interesse per la materia. Il voto, al massimo, verrà di conseguenza. Bisogna farli crescere come persone in primis. Questo, secondo me, è il metodo giusto, anche se è poco diffuso».
Sappiamo che è una grande appassionata di cinema: pensa che la letteratura possa integrarsi bene con il grande schermo?
«Assolutamente sì, perché il cinema non è altro che una storia scritta che viene portata sullo schermo, composta da molte regole, come quelle di stesura del testo che vengono riportate in video con la sceneggiatura e la scrittura delle scene. Credo anche che, nella mente del regista, scegliere la scenografia e la selezione delle immagini sia un processo molto simile a quello dello scrittore che si prefigura il testo che andrà a sviluppare. Il cinema, però, è un po' più diretto e la scrittura, invece, richiede un impegno più introspettivo».
Consiglia qualche film tratto da un libro?
«Sicuramente, consiglierei Il Signore degli Anelli, che ritengo sia la trasposizione cinematografica più riuscita rispetto al libro, quindi 10 ore di film da ‘spararvi’ consecutivamente».
Qual è il suo libro preferito e quale consiglierebbe ai suoi studenti? Soprattutto a quelli che leggono poco
A me piace molto la fantascienza, quindi forse partirei con Guida Galattica per Autostoppisti, che è veramente un testo bellissimo. Di base è fantascientifico, ma racconta come il mondo finisce ma, allo stesso tempo, non finisce, e soprattutto fa ridere moltissimo. Il coprotagonista è un robottino depresso che è meraviglioso. Lo consiglio, ma non guardate quanto è grande, perché poi è un insieme di cinque libri, quindi sembra la Bibbia, però lo consiglio perché potrebbe piacere. È molto leggero ma allo stesso tempo fa ridere e riflettere tanto, quindi è una via di mezzo. Non guardo troppo la dimensione perché, molto spesso, i libri più piccoli sono quelli più pesanti e densi».
Quale sarebbe una critica che farebbe al Miur? Come pensa andrebbe modificata la scuola italiana?
«Potrei scrivere una tesi in risposta. No, allora, non funzionano tantissime cose, proprio perché forse chi è al Ministero non lavora a scuola e quindi non ha una visione concreta e quotidiana della vita in questo ambiente. Si fanno cose totalmente a caso e c’è una sconnessione tra quello che è un lavoro teorico di struttura della scuola e poi quello che si fa effettivamente in classe. Questo si vede molto anche nel discorso dei vari progetti, che sono sparsi e gestiti in maniera un po' strana, nel senso che ci sono molti finanziamenti che non si riescono a incanalare nella maniera giusta. Quindi, secondo me, bisognerebbe prendere una professoressa o un professore, e metterlo direttamente al Ministero e far decidere a chi effettivamente poi fa qualcosa in prima persona nelle scuole.
Inoltre, io i voti li abolirei e metterei una soglia di superamento, al di sopra della quale si ha la sufficienza. Non lascerei i voti perché non aiutano la cooperazione e non permettono di far concentrare gli studenti o le studentesse su quello che effettivamente vogliono fare, perché l’impegno è focalizzato sul risultato e non si empatizza con la materia. Questa è una grande perdita, anche nella conoscenza di se stessi. Quindi, secondo me, la semplice esistenza del voto ha causato una serie di conseguenze esistenziali.
Il programma scolastico poi andrebbe snellito, perché ci sono troppe cose da fare e non si riesce esattamente a farle bene. Ad esempio, in Letteratura italiana, non sembra possibile scavallare il primo Novecento, in cui ci sono autori incredibili, anche in vita tutt’ora, che sarebbe bello chiamare a scuola. E poi, avrei una ‘crociata’ sugli Ittiti - ride (ndr.) -. Gli Ittiti ragazzi, perché si studiano gli Ittiti? Il programma di Storia che parte dalla Mesopotamia, lo fate tre volte: alle Elementari, lo riprendete alle Medie e pure alle Superiori. Sposterei un po’ il discorso verso il contemporaneo, ma farei anche dei percorsi tematici, invece che cronologici, cioè prendere un tema e trattarlo per come si sviluppa storicamente, in modo tale che si attraversi un bell’arco e il docente decida poi dove fermarsi, avendo come chiave il tema. Si possono fare tante cose volendo, ma poi la burocrazia ti strangola e vuole i voti, che si arrivi alla fine del programma e ci taglia un po' le ali, ma qualche pertugio di libertà riusciamo sempre a tirarlo fuori».
Nel suo futuro vede una carriera al Sigonio o in qualche altra scuola, o città?
«Mi piacerebbe molto restare qui per un po', però mi conosco, quindi tra qualche annetto mi saró stufata e vorró spostarmi altrove, peró sicuramente nei dintorni, a Modena o Bologna. Faccio fatica a restare più tempo nello stesso posto, per tanti anni consecutivi, ma questa scuola mi sta piacendo molto quindi qualche altro anno vorrei sicuramente farlo qui.
L’anno scorso abbiamo fatto un progetto sul cinema, durante il quale abbiamo incontrato una fumettista, e lei parlava del fatto che i fumetti molto spesso non sono visti come letteratura, anche se ci sono tante opere che andrebbero studiate a scuola. Secondo lei, ci sono delle opere che andrebbero introdotte nello studio?
«Io disegno anche, quindi sarei portata verso il sì. A livello trasversale, inserirei tantissime graphic novel. Il fumetto stesso è cinema disegnato. Infatti, se fate attenzione a come le vignette vengono disegnate, c’è un motivo per cui una vignetta magari è verticale, una è orizzontale, ed è per dare il ritmo e il tempo. Volendoci mettere il cinema in mezzo, ci metterei anche il fumetto.
Secondo me una serie di film andrebbero visti obbligatoriamente come programma scolastico e vale la stessa cosa per le graphic novel, che andrebbero lette e studiate. Ce n’è una bellissima, per esempio, sulla Seconda Guerra Mondiale, si chiama Maus; tratta il tema in una maniera un po' sarcastica e se lo puó permettere perché in realtà il padre dell’autore ha vissuto il conflitto in prima persona e quindi lui è liberamente ispirato da ció che egli raccontava. Infatti, credo che sia stata l’opera che mi ha dato di più su quel tema, nonostante ogni anno si faccia tantissimo sull’Olocausto. Quindi vorrei che si studiassero anche questo tipo di cose. Poi ti direi anche che la lettura dei libri sarebbe fantastica, ma comunque non credo nella sua imposizione, nel senso che è un qualcosa a cui bisognerebbe avvicinarsi spontaneamente, altrimenti si finisce per odiarla. Invece cinema e fumetti sono meno impegnativi a livello di impatto ma molto riflessivi. Quindi le prime due categorie le vorrei in un programma ufficiale scolastico».
Film e anime preferito?
«Il mio film preferito in generale è Il grande Lebowski, che è una storia abbastanza psichedelica, un po' allucinata. Per quanto riguarda l’anime, invece, Death note, in cui ci sono tantissimi temi anche esistenziali. L’ho visto in pochissimi giorni, sembravo una pazza».
Redazione Sigonio
Thomas 4ªD
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